
In “VuliriVulari”, ad avere questo desiderio, sarà il nostro protagonista, un uomo con una buona posizione sociale che, però, ad un certo punto della sua vita, non sentendo più di appartenere ad un sistema sociale dove si vedono calpestati i diritti fondamentali quali: la dignità, l’equità, il rispetto e l’uguaglianza che, dovrebbero essere irrinunciabili e strenuamente difesi, farà una scelta esistenziale alquanto drastica: la sua nuova condizione di vita, assumerà le sembianze di un Clochard, di un Barbone.
Nella vicenda, il nostro Barbone s’incontrerà casualmente con l’altro personaggio che è il suo alter ego: un uomo d’affari affermato, determinato, sicuro di sé, molto formale, orgoglioso della sua posizione sociale, uno di quelli che ha raggiunto la sicurezza economica ed una presunta serenità interiore. Presunta perché, l’inquietudine è il segno distintivo dell’uomo dei nostri tempi, che nella frenetica ricerca della “gioia” delle false ribalte, sente la vita scivolargli via senza coglierne il senso. Allora si stordisce di immagini e di suoni che la moderna tecnologia gli offre a piene mani, isolandolo in un mondo virtuale in cui crede di poter trovare rifugio; ha paura del silenzio, di fermarsi a pensare criticamente, scivolando così sul quotidiano, con lo sguardo costantemente fissato in orizzontale, guardando senza vedere, chiuso com’è nella fittizia realtà dove i valori vengono gridati ma non vissuti e nella competizione che porta ad arraffare quanto c’è di più allettante sul tavolo della vita, nell’illusione che l’avere coincida con l’essere. Ed è proprio nel confronto col Barbone che le sue certezze iniziano a vacillare.
Lo spettacolo: conciso, a volte divertente e altre tragico, si dipana attraverso la vera vita dei suoi personaggi così diversi, chiedendosi anche dove siamo diretti e se lì l’autoriflessione avrà ancora un posto.
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