Nella periferia abbandonata di una metropoli, tra le macerie degli edifici squarciati dai bombardamenti e dimenticati da una società sempre più opulenta, sorge in riva al mare, seppure diroccata e in rovina, un’ex fabbrica di sale. Un cartello minaccia: “Sgombero / Area posta sotto sequestro / Zona Tossica”. La struttura è abitata da due donne, due anime sacralmente legate a quel luogo. Cruci e Nuci.
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‘𝓤 𝓬𝓲𝓮𝓵𝓾 ‘𝓾𝓷’𝓮̀ 𝓬𝓲𝓮𝓵𝓾 𝓹𝓲’ 𝓽𝓾𝓽𝓽𝓲, 𝓪 𝓬𝓮𝓲𝓻𝓽𝓾𝓷𝓲 𝓬𝓲 𝓹𝓪𝓻𝓲 𝓫𝓮𝓵𝓵𝓾…
Con queste parole, in un canto notturno quasi come un rito, Cruci consegna al mare da una finestra della fabbrica le sue incertezze, i suoi sogni, le sue paure, mentre si nutre di lacrime e desideri baluginosi.
𝓐𝓶𝓾𝓷𝓲̀ 𝓬𝓾𝓲𝓻𝓬𝓪𝓽𝓲!
Queste sono le parole di Nuci, l’altra donna, eterna compagna di vita che cerca di bucare questa bolla di silenzio, questo rapporto notturno con gli elementi, semplicemente invitandola ad abbandonarsi tra le braccia del sonno perché presto giungerà l’alba del nuovo giorno.
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E se il tempo fosse il fiato del sonno?
E se il sonno fosse il ventre del tempo?
E se il tempo, il sonno, fossero ombre allungate e dilatate dall’oblio dell’esistenza?
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NOTE DI REGIA
La vita è un viaggio a bordo di un corpo-nave, sulla rotta del chissà. Qualunque sia il parallelo o la longitudine, dunque la destinazione da raggiungere, il porto è uguale per tutti e lo chiamiamo morte: la fine. Quando il cerchio si chiude, e il tempo ha esaurito il suo sale nella clessidra, a colmarsi è il vuoto del trascorso al cui interno prendono forma strane figure, ombre, bagliori che vivono nel bilico tra una cruda e violenta realtà da plasmare e l’impalpabile da attraversare. Fame, sete, noia, alienazione che si annunciano con quel senso di languore che ti brucia tra le budella, lasciandoti addosso solitudine, ansia, attesa, ma di chi, di cosa? Quel che resta è un volo pindarico tra le nubi dei ricordi e le cascate della coscienza. Anime in equilibrio come acrobati sulla fune dell’atemporalità. Creature soggiogate dalla natura umana, beffate da un destino che sembra divertirsi scombussolando i codici del cosmo, lasciandole nude, sul ciglio dell’altrove.
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